Lo slittamento dei tempi di consegna fa saltare le agevolazioni prima casa? Ecco come si è espressa la Cassazione.
Se tra la vendita di un immobile e la stipula del contratto di acquisto di una nuova abitazione trascorre più di un anno, le agevolazioni fiscali relative al Bonus Prima Casa decadono.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n.10562/2022 che, prendendo in esame un caso specifico, ha affermato che il ritardo del costruttore nella consegna non costituisce “causa di forza maggiore”.
Prima casa, le agevolazioni possibili
Ma prima di vedere come si sono espressi i giudici della Corte, facciamo un passo indietro e riepiloghiamo quali sono le agevolazioni di cui si può usufruire in presenza dei cosiddetti requisiti “prima casa”.
In generale, il Bonus Prima Casa è una riduzione sulle imposte da pagare che si applica quando l’immobile che si acquista appartiene a determinate categorie catastali e quando si trova nel comune in cui l’acquirente ha (o intende stabilire) la residenza o il luogo di lavoro.
Se il venditore è un privato (o comunque un’impresa con esenzione IVA) bisogna pagare:
- imposta di registro proporzionale nella misura del 2% (anziché del 9%);
- imposta ipotecaria fissa di 50 euro;
- imposta catastale fissa di 50 euro.
Invece chi acquista da costruttore deve pagare l’Iva al 4% (anziché al 10%), oltre all’imposta di registro, imposta ipotecaria e imposta catastale, ognuna del valore di 200 euro.
Il bonus decade se l’abitazione viene venduta o donata prima che siano trascorsi 5 anni dalla data di acquisto, a meno che, entro un anno, non venga acquistato un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Bonus e ritardo dell’impresa: il caso
I giudici si sono pronunciati sul caso di un immobile acquistato con le agevolazioni prima casa, rivenduto dal proprietario prima che fossero trascorsi 5 anni dall’atto di acquisto.
Il soggetto in questione ha poi stipulato un preliminare di compravendita con un’impresa di costruzione, ma a distanza di anni dalla vendita dell’immobile precedente, l’acquisto non si era ancora concretizzato.
L’Agenzia delle Entrate ha quindi potuto recuperare l’agevolazione, facendo scattare il ricorso del contribuente fondato sul fatto che lo slittamento dell’acquisto oltre i termini previsti non era imputabile alla sua volontà, ma a un ritardo dell’impresa.
In prima istanza il giudice ha dato ragione all’acquirente, stabilendo che l’inadempimento all’obbligo secondo termini di legge fosse dipeso da “causa di forza maggiore”.
In Cassazione però la decisione è stata letteralmente ribaltata. I giudici hanno sottolineato che, per valutare il decorso dei termini, fa fede il contratto con cui viene trasferita la proprietà dell’immobile. In pratica serve il contratto definitivo.
Il preliminare obbliga sì a concludere un contratto definitivo, ma non attribuisce il diritto di proprietà.
La Cassazione ha inoltre definito causa di forza maggiore “un ostacolo oggettivo caratterizzato dalla non imputabilità, inevitabilità e imprevedibilità dell’evento”.
I giudici hanno quindi dato ragione all’Agenzia dell’Entrate: l’acquirente avrebbe dovuto infatti mettere in conto il rischio di inadempimento del costruttore, il cui ritardo, di conseguenza, non può essere considerato “causa di forza maggiore”.